Nuvole Rapide
Questo post mi sta tra il cervello, le dita e le labbra da non so più quanto tempo.
Perché abbia deciso di venir fuori proprio ora, potrei fingere di non saperlo, ma non è così. Suonerà come una risposta, una risposta probabilmente stonata, e soprattutto non richiesta, ma tant'è, non mi importa più.
Sono stufa dei giochi di ruolo, dei "se faccio questo penserà questo" e "se non dico questo si aspetterà questo".
Il weekend è andato, troppo in fretta anche. Grazie a chi lo ha resto possibile, sia gli sposi che i miei compagni di viaggio, grazie perché è stata una bella vacanza dal mio cuore.
(Solo disconnetterti un istante, quasi fosse tregua, come fosse prima)
Ma ora che ho chiuso la parentesi, ci risono appozzata.
Partecipare alle occasioni sociali ostentando normalità mi ha fatto più male che bene. Tirare pacco, d'altro canto, non è servito a nulla. Se non altro il non presenziare mi impedisce di bere quel tanto di troppo dal dire quel che non dovrei, e di metteremi in imbarazzo da sola. Il tempo guarirà anche le ferite, ma io ancora non l'ho notato. Nel frattempo, vago nell'indecisione.
Ho la testa piena di domande senza risposta, e di risposte a cui non sono state ancora formulate le domande. Aspetto una telefonata che so già che non arriverà. Evito accuratamente tutto ciò che vi può far riferimento. E il fatto stesso di farlo, implica che stia tutto lì, appena sotto il livello di coscienza, quando non lo sto rievocando di proposito giusto per autolesionismo.
Vado avanti con la mia vita, che ho riempito di tante cose per illudermi di colmare quel piccolo devastante vuoto che io stessa ho lentamente, inesorabilmente creato. Intanto aspetto, perché non ho ancora imparato a farlo, ma posso sempre impormelo.
La verità? E' che ho il terrore che tutto ciò si sblocchi, perché in qualsiasi direzione sia, non sarà affrontabile.
Perché un po' sono cresciuta anch'io, e sto imparando a mantenere le promesse.
E non sono neanche tanto più sicura del mio "il dolore lo posso curare, il dubbio no".
Ho spesso l'impulso di prendere in mano tutto e buttarmi. Forse troverei il modo di farlo. Alzare il telefono. Prendere la macchina, o anche solo l'autobus.
Basterebbe gridare tutto quello che non ho mai detto.
E pretendere lo stesso.
Poi non starei meglio, ma almeno sarebbe un dolore diverso da questo.
Quel che mi blocca è pensare "E poi?"
Perché abbia deciso di venir fuori proprio ora, potrei fingere di non saperlo, ma non è così. Suonerà come una risposta, una risposta probabilmente stonata, e soprattutto non richiesta, ma tant'è, non mi importa più.
Sono stufa dei giochi di ruolo, dei "se faccio questo penserà questo" e "se non dico questo si aspetterà questo".
Il weekend è andato, troppo in fretta anche. Grazie a chi lo ha resto possibile, sia gli sposi che i miei compagni di viaggio, grazie perché è stata una bella vacanza dal mio cuore.
(Solo disconnetterti un istante, quasi fosse tregua, come fosse prima)
Ma ora che ho chiuso la parentesi, ci risono appozzata.
Partecipare alle occasioni sociali ostentando normalità mi ha fatto più male che bene. Tirare pacco, d'altro canto, non è servito a nulla. Se non altro il non presenziare mi impedisce di bere quel tanto di troppo dal dire quel che non dovrei, e di metteremi in imbarazzo da sola. Il tempo guarirà anche le ferite, ma io ancora non l'ho notato. Nel frattempo, vago nell'indecisione.
Ho la testa piena di domande senza risposta, e di risposte a cui non sono state ancora formulate le domande. Aspetto una telefonata che so già che non arriverà. Evito accuratamente tutto ciò che vi può far riferimento. E il fatto stesso di farlo, implica che stia tutto lì, appena sotto il livello di coscienza, quando non lo sto rievocando di proposito giusto per autolesionismo.
Vado avanti con la mia vita, che ho riempito di tante cose per illudermi di colmare quel piccolo devastante vuoto che io stessa ho lentamente, inesorabilmente creato. Intanto aspetto, perché non ho ancora imparato a farlo, ma posso sempre impormelo.
La verità? E' che ho il terrore che tutto ciò si sblocchi, perché in qualsiasi direzione sia, non sarà affrontabile.
Perché un po' sono cresciuta anch'io, e sto imparando a mantenere le promesse.
E non sono neanche tanto più sicura del mio "il dolore lo posso curare, il dubbio no".
Ho spesso l'impulso di prendere in mano tutto e buttarmi. Forse troverei il modo di farlo. Alzare il telefono. Prendere la macchina, o anche solo l'autobus.
Basterebbe gridare tutto quello che non ho mai detto.
E pretendere lo stesso.
Poi non starei meglio, ma almeno sarebbe un dolore diverso da questo.
Quel che mi blocca è pensare "E poi?"
Etichette: microchip emozionale
1 Bolle di sapone:
Hai provato a provare il discorso ad alta voce? Sotto la doccia, in giro per casa, al parco..?
E' molto utile per capire quanto dobbiamo dire le cose per l'altro e quanto dobbiamo dirle per noi stessi.
Spesso i discorsi a vuoto mi hanno scaricato a sufficienza.
Soffia!
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