12 dicembre 2012

Mornings like this

Mornings like this, with a gorgeous dawn painting in pink snow sprinkles on the trees, and a breathtaking high mountains view from my window, make me feel so homesick for Finland.

It feels like if I wore a heavier coat and fur boots, I would find Myllyjärvi and its squirrels right out of my door.
I would walk the iced "death path" to reach the bus stop, get off at Yliopisto, and I would step into all my friends between the library and the cafeteria.
My cheeks and nose would be ruby red and cold, but I would heat them up with a cup of coffee and some pulla. Ice would melt from my boots while we discuss whether to go at Katse or Blaze that night, and we would end up meeting at Pizzeria Maria before going.
We would dance and drink beer and cider and salmiakkikossu shots, and forget time and sleepiness between laughs and hot chicken wings.

Mornings like this make me feel like we should all just jump on a plane or train or whaterver to reach a determined place and meet like "in the old good times".

I miss you all guys ♥


Lake Myllyjärvi, photo courtesy of Francesca "Tata" Marletta

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04 luglio 2012

Dimensioni

C'è una dimensione in cui non ho visto quella frase.
E una in cui ho pensato che forse non valesse la pena lasciare un commento.
In un'altra ho ignorato l'apostrofarmi di quello sconosciuto, invece che rispondergli a tono.
E in un'altra ancora, ho glissato sul suo invito.

In una dimensione diversa da questa, non ho avuto un brivido quando ho incrociato i suoi occhi.
Mentre da qualche altra parte, non l'ho baciato un secondo prima che saltasse sul treno in partenza.
In un altro spazio e tempo non ho sentito da subito quel combaciare perfettamente, quel senso di appartenenza.
E tremo a pensare che esiste un luogo in cui non abbiamo condiviso nulla.

Ma in questa dimensione, ora, qui dove percepisco la mia coscienza, noi siamo.
Mi perdo a pensare alla concatenazione di cose infinitesime che ci hanno portato qui.
Indietro e indietro di anni e conoscenze e scelte che mi rimprovero di aver a volte rimpianto, perché senza anche una sola di quelle avrei perso la magica combinazione che ci ha portati a esistere.
E' a questo che penso, quando mi sveglio e per prima cosa vedo i suoi occhi multicolori, quando mi tira dolcemente per un braccio ad annidarmi sul suo petto, mentre gli nascondo il viso nel collo e piagnucolo "ancora cinque minuti"...

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26 aprile 2012

The man I love

Mi dicono che sono selettiva. Di più, schizzinosa.
Come se fosse un male avere le idee chiare. Come se fosse un male avere un'idea precisa di cosa mi piace. Come se dovessi vergognarmi di sapere esattamente cosa voglio.

Me lo dicono riguardo alle mie frequentazioni. Per il fatto che scarto a prescindere una persona se fuma, per esempio.
Come se baciare un posacenere dovesse essere bello. Come se non dovesse importarmi che la pelle di quella persona emani un sentore acido.
O per il fatto che esco solo con persone di cultura e senso artistico.
Come se non fosse importante avere argomenti di conversazione invece che monologare con una pianta.
E tante altre piccole cose, infinitesime, piccoli particolari che mi sono accorta di apprezzare negli anni, la cui mancanza può essere trascurabile singolarmente, ma che nel complesso costruiscono la persona che voglio accanto.
Tanti pixel che più sono, più danno nitidezza a quell'immagine.

Prima di tutto voglio un uomo con cui parlare.
Con cui scambiare idee, opinioni, informazioni.
Che sappia ascoltarmi e abbia delle risposte.
Che sappia raccontarsi, e mi chieda di accettarlo.
Voglio un uomo con cui scambiare libri, e con cui guardare film sul divano, coi nostri gatti. Gatti, non cani.
Voglio un uomo che ami uscire, che sia per una birra, una cena, un cinema, un teatro, una mostra, un concerto, o anche solo una passeggiata nel parco.
Voglio un uomo che ami viaggiare, con cui puntare il dito sul mappamondo ad occhi chiusi.
Voglio un uomo che abbia un buon odore, e che mi lasci affondare il viso nel suo petto per respirarlo.
Voglio un uomo che mi piaccia, che non mi stancherei mai di guardare, cercando le piccole imperfezioni che per me non sono tali.
Voglio un uomo che mi porga il braccio quando camminiamo affiancati, e mi prenda la mano per guidarmi e farsi guidare.
Voglio un uomo che mi veda bella e sia fiero di avermi accanto, e soprattutto che me lo dica.
Voglio un uomo che mi guardi negli occhi come se non ci fosse nient'altro intorno.
Voglio un uomo che mi cerchi nel letto, di notte, che mi stringa nel sonno.
Voglio un uomo che sappia lasciarmi piangere da sola, ma sia pronto ad abbracciarmi se ne ho bisogno.
Voglio un uomo che ami i suoi spazi, e rispetti i miei.
Voglio un uomo che si fidi dei miei sentimenti tanto da lasciarmi andare, sapendo che resterò.
Voglio un uomo che non abbia paura di dirmi cosa vuole, e cosa non va bene e va cambiato.
Voglio un uomo che sappia ridere e che sappia piangere con la stessa intensità.
Voglio un uomo che sia forte e mi faccia sentire al sicuro, e che però sia capace di mostrarmi le sue debolezze e chiedermi aiuto.

Davvero, davvero voi vi accontentereste di meno?
Davvero, davvero questo è chiedere troppo?


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31 dicembre 2011

Emozioni forti

Si chiude un anno pessimo per me, che sembrava dovesse decollare verso le stelle sul finire e invece lo specchio contro cui ho sbattuto si è frantumato così dolorosamente da farmi desiderare solo chiudere e non parlarne mai più (e ovviamente come nel più meraviglioso cliché, rivoluzionare i capelli, stay tuned)

Però tra i cocci che raccolgo (che riflettono ancora angoli di cielo? nel dubbio prendo un po' di colla) sto trovando le prove tangibili di una grande verità.
Una verità poco definibile a parole in realtà, che riguarda i sentimenti, le persone, e la relazione tra di essi. E certi luoghi comuni tipo "le donne cercano gli stronzi" (e viceversa).

Recentemente sono uscita da una storia snervante che alla fine dei conti, dopo più di due anni, centinaia di euro di terapia e litri di lacrime, mi ha tolto più di quanto mi abbia dato (che è stato immenso e innegabile, quindi fate voi il conto). Ne sono uscita per finire in un'altra relazione diametralmente opposta, tranquilla, appagante, calda.
Eppure, pur con questo nuovo meraviglioso amore per le mani, ero un groviglio di astio verso il mio ex, al punto da irritarmi per ogni notizia su di lui, e non riuscire più ad ascoltare la sua musica, specialmente quella in cui c'era anche la voce di "lei", l'altra.
In parallelo, mi sentivo dire da più voci che stavo viziando troppo il mio nuovo partner, che appunto non ero abbastanza "stronza", che dovevo farmi desiderare di più, ecc. E pensavo sciocchezze, siamo legati e ci prendiamo cura l'uno dell'altra, come è normale.

Finché quel nuovo meraviglioso amore è fuggito, tanto per essere originali, con un'altra. E il dolore è stato talmente straziante che, senza nemmeno accorgermene, il mio "stronzo" era diventato lui e sul mio ex era scesa una cortina di nebbia indifferente, tanto che quando la playlist random ha riproposto uno dei "loro" pezzi, io me ne sono accorta a metà, invece che sobbalzare infastidita come al solito, e l'ho lasciata andare pensando che in fondo sì, era proprio una bella canzone.

La morale è che più che evidentemente abbiamo bisogno di emozioni forti.
Di soffrire per amore. Di infatuarci continuamente.

Quanto spesso chiamiamo amore il brivido della conquista. Quell'emozione nuova, la New Relationship Energy, che ci spara in orbita. Ci infatuiamo, e lo scambiamo per amore.
Ma l'amore non è questo, l'amore non è volubile né effimero, è anzi solido, paziente, fermo. E' quella consapevolezza che a un certo punto ti pervade lo stomaco, che ti dice che sì, quella persona ti combacia, ed è esattamente quello che cerchi. Che se dovessi fare affidamento su qualcuno, è lei che vorresti a fianco. Che è con lei che vorresti addormentarti la sera e svegliarti la mattina. Fino ad avere i capelli bianchi.
Alcuni di questi tratti coincidono con l'infatuazione, per questo è così facile farsi ingannare. Ma l'amore è composto di fatti oltre che sentimenti ed emozioni, piccoli mattoncini che silenziosamente giorno dopo giorno costruiscono in castello. Di pietra, non di sabbia.

Ma le persone non sanno prescindere dall'emozione, positiva o negativa che sia. E una nuova infatuazione avrà sempre il fascino del brivido, come un travaglio avrà sempre più appeal della tranquillità (prendete i Romantici).
E mi viene inevitabile chiedermi: se non avessi costruito un clima di stabilità intorno al mio nuovo amore, se l'avessi tenuto in sospeso, sempre sul chi vive, mai sicuro se mi avrebbe ritrovata la mattina dopo... gli sarebbe "capitata" questa nuova irrinunciabile cotta?



Look back,
turn around, turn around,
I'm right behind you

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24 ottobre 2011

Tira oggi, tira domani...

Tira oggi, tira domani, la corda si spezza.
Così dicono.
Si sfilaccia piano, e continua a reggere. Salta qualche tirante, la pressione aumenta, ma continua a reggere. Poi un giorno *TAC!*
Prima c'è, poi non c'è più. Prima sei in piedi, poi cadi.
Probabilmente c'è solo un certo numero di bugie che ti puoi raccontare, di ferite che puoi subire, di compromessi che puoi accettare. Quando finisci le cartucce, non importa quanto hai combattuto, cosa hai sacrificato, quanto hai costruito.
"Non ne vale più la pena".
Ed è tutta lì la chiave. Nella parola "pena". Ti accorgi di quanto hai sofferto, il dolore esce dalla sua guaina di assuefazione e improvvisamente ti punge dove non ricordavi di avere punti deboli. Improvvisamente di trovi a chiederti come hai fatto finora. Improvvisamente non vuoi più che punga, improvvisamente preferiresti perfino tagliare quei pezzi che gridano pur di non sentirli più.
E ti trovi a chiudere porte, tagliare ponti, cercando di fare meno danni possibili, ma è una fuga, e per quanto impegno tu ci metta risulterà sempre non meno che scomposta.
Ferisci, e ti ferisci a tua volta.
Una parte di te vuole voltarsi e vedere se è inseguita. Lo spera con tutte le sue forze. Un'altra parte, altrettanto determinata, sa che se ti volterai indietro diventerai una statua di pietra. Perché già questi anni ti hanno indurita pezzetto a pezzetto, se torni sui tuoi passi un'altra volta, potrebbe essere l'ultima. E quindi semplicemente guarda avanti, e continua a procedere, lasciando che quel filo che ancora è legato intorno al corpo stringa e tagli la carne, ma è giusto così, ormai è inevitabile così.

Non rinnego niente. Non rimpiango nulla. I sentimenti che avevo, non sono cambiati. I ricordi che ho, li conservo con gelosia e amore.
Solo che arriva un momento in cui, semplicemente, basta.

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18 agosto 2011

In fondo, non mi sei mai piaciuta davvero

In due giorni, tre persone mi hanno detto quanto si sentano libere di parlare con me più che con altri perché io ascolto senza giudicare.
Non credo sia del tutto vero. Non credo sia possibile non giudicare per niente.
Qualsiasi cosa ci venga data, arriva dopo aver passato il nostro filtro personale, e pertanto non sarà mai totalmente scevra da un'opinione - che non è un giudizio nel senso di condanna o approvazione, ma comunque è una categorizzazione se non altro in gradi di distanza da me.
Quindi la cosiddetta assenza di giudizio viene dopo, dopo aver rivestito il tutto della tua opinione, magari anche pessima, sulla faccenda. Viene quando anche davanti a qualcosa che non ti va, accetti.

Ma si accetta davvero, quando ci riguarda?
Davvero dietro all'amor di libertà c'è accettazione vera, o ci sono varie versioni di "occhio non vede cuore non duole" e "ti adoro ma se t'incontro sola son cazzi tuoi"?
Quanti di quei rapporti che si creano tra persone che condividono qualcuno sono veri o piuttosto influenzati dalle relazioni comuni?
Come può accadere che una persona ti dica quanto meravigliosa sei e quanto non veda l'ora di incontrarti e conoscerti meglio, eppure scoprire poi che probabilmente ti odia dal profondo e ti vorrebbe morta? Come può amarti finché non si pone domande, e odiarti quando si trova davanti alle risposte che evitava? Ti amava davvero prima, quando sospettava soltanto? Si può accettare la contraddizione come frutto di circostanze contrastanti? O come si sceglie a cosa credere?

Io quando amo, amo.
E quando odio, odio.
Posso essere cordiale con chi odio, perché sono civile. Ma non mostrerò mai simpatia dove non ne provo.
Cambio idea ogni tanto, quello sì. C'è chi può testimoniare che sono passata dal volergli strappare le unghie a affezionarmi tanto da sentirne la mancanza.
Ma quando volevo strappargli le unghie, quello mostravo. E quando ne sentivo la mancanza, altrettanto.

Io non so individuare al volo le opacità. Né le doppie facce. Non capisco mai al primo colpo chi è sincero e chi no. Quando ci arrivo, è sempre un pelino troppo tardi per salvarmi, e ne soffro.
Perché ovviamente succede sempre con persone a cui mi affeziono - chi non mi interessa non lo faccio avvicinare a sufficienza, anzi non me ne accorgo neanche.

Mi preparo al prossimo "in fondo non mi sei mai piaciuta davvero."

mask

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10 aprile 2011

Prince Charming

Da piccola, ti leggevano le favole con principi coraggiosi, principesse in pericolo, streghe cattive.
Sei cresciuta con la convinzione che nella vita, tu saresti stata la principessa, il principe ti avrebbe portata via sul suo cavallo bianco, e la strega, laddove presente, sarebbe stata punita, o almeno rimasta a bocca asciutta.

E l'hai aspettato, quel principe. Già tra i banchi di scuola, sbirciavi per vedere sotto quale faccetta brufolsa e occhialuta si potesse nascondere il tuo. Hai baciato diversi rospi, alle feste, sui motorini, dietro i cespugli nei parchi, sperando ogni volta che fosse quella buona.
Crescendo, hai pensato che forse un bacio non bastasse, e nel dubbio ci sei andata anche a letto, con quei rospi. Alcuni ce l'avevano anche l'aria del principe, e per un po' hai creduto d'aver fatto tombola. Ma quando non è *il tuo*, squame e bozzi prima o poi tornano fuori, sotto il perfetto fondotinta Prince Charming™.

Prima o poi il tuo arriva, però.
E' che non sempre è come nella favola.

Può succedere che sia più Raperonzolo che Principe Eric. Che sia lui ad aver bisogno di essere salvato, protetto e curato. E che la strega, quella che vi mette i bastoni tra le ruote, non sia ben visibile in giro, ma sia un po' nascosta dentro entrambi, a sussurrarvi nel cervello tutte le cose che non potete accettare, tutti i motivi per cui la favola non potrà finir bene.

Nelle coppie vere, non ci si ama mai in modo paritetico e uguale. Uno dei due sarà sempre un po' più innamorato dell'altro, o ci si amerà in modi così diversi da far sembrare che sia così. Ci saranno bivii, e uno prenderà la strada che l'altro avrebbe evitato a tutti i costi, e capirsi sarà difficile. E anche quando ci si dovesse riuscire, il dolore, quello non è che va via con uno schiocco di dita. Quello resta, morde, ed è tuo, tuo soltanto, ed è tanto giusto che non condizioni l'altro, quanto che si sappia che è sempre lì, che ci stai vivendo insieme.

Ormai l'hai capito, il principe sei tu... sei tu quello che combatte e resiste a draghi e foreste infuocate per conquistare la persona che ama. Sei tu quello che accetta prove da superare e mostri da affrontare. Sei tu che sopporterai anche questo dolore, perché è questo il ruolo che hai scelto, perché l'ami.


Ok, non è quanto ti avevano promesso da bambina. Ma sempre una favola stai vivendo.


cenerentola

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12 marzo 2011

*click*

A volte nel cervello scatta qualcosa. Magari qualcosa su cui hai ragionato tanto tempo, l'hai capito, ci hai rimuginato su, l'hai accettato, l'hai razionalizzato. E credi di averlo fatto tuo. Ogni tanto tornano dei dubbi, ma dopo averli rimirati un po' li infili sotto quel tappeto di buonsenso che ti sei tessuta.

E invece un giorno *click*

E ti accorgi che senza quel piccolo scatto, nulla era vero. Che ti eri ingannata molto bene, in totale buona fede, e credevi davvero di averla fatta, quella conquista. E probabilmente tutto questo lavoro ha fatto sì che il click arrivasse, magari lo staresti ancora aspettando, staresti ancora piangendo. Ma è lui che conta, è quell'inversione polare nel tuo cervello, senza lo scatto, è un'investimento a fondo perduto.

E la luce cambia, su tutto. I punti di vista mutano angolazione, scopri tagli nuovi, pieghe che avevano nascosto sfumature.
E' come aggiungere la quarta dimensione alla normale percezione. Non cambia la sostanza, ma cambia come tu la percepisci.

Dura? Ah, non lo so.
Di certo un'era finisce e ne inizia un'altra.
Di certo un pochino ti resta dentro.
Di certo non riuscirai più a tornare come prima.
Per fortuna.

Di certo, fa parte di quei piccoli eventi che ti costruiscono, quei piccoli traguardi da festeggiare.


Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione.
(James Russell Lowell)

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18 gennaio 2011

Vacanze Romane

Credo proprio che sia stata la pavimentazione sconnessa dell'Appia Antica.
Come se gli scoiattoli a Villa Borghese non avessero nulla a che fare, vero?
Vabbè, ma che c'entra, alla fine è stata tutta colpa dell'Injera con tutta quella carne speziata.
"Tutta colpa"? Non esageriamo. Semmai poi merito.
E il piumone gigante dopotutto ha avuto la sua parte.
Insieme alla tisana sul divano.
E al rifugio dei gatti.
E alla merenda a piazza Argentina!!
Ma pensi sempre a mangiare tu??
Stai negando che sia una delle cose che più ci piace?
Certo che ci piace, ma ci metti troppa enfasi!! Le passeggiate sotto il sole dove le metti?
Eppiantatela un po'. Siamo state bene, giusto?
Sì...
...tanto.
E allora zitte e godetevi gli strascichi della sensazione finché dura.


*Silenzio riconoscente a tutti quelli che hanno messo lo zampino in questo weekend meraviglioso*

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03 gennaio 2011

Quasi 2011

Sono seduta sul pavimento della mia stanza, al buio. So che manca poco, ho visto l'orologio poco fa, ma non è che abbia molta importanza. Ascolto i piccoli rumori, in silenzio, valutando se sia il caso di esprimere qualche pensiero. Non ne ho. E forse semplicemente non c'è molto da dover dire.

Più o meno nello stesso momento sento diverse esplosioni, vicine e lontane, susseguirsi in crescendo. Il tempo è scaduto, e io sono ancora accoccolata sul parquet, conscia appena delle persone che ho lasciato senza batter ciglio, non troppo preoccupata di ciò che possano stare facendo o pensando.
Da un punto imprecisato all'altezza del mio petto, una voce incredibilmente chiara in mezzo a quella bolla di silenzio e botti lontani, poche parole. "Se non altro sto iniziando l'anno nuovo tra le braccia di una persona che mi vuole bene". Due occhi lucidi e dolororsissimi. "Tutto sta nel punto di vista".

Il cuore si incrina. Vorrei stringere quella voce, coprirla, pararla, alzare mura e fossati che la difendano, farle il vuoto intorno, riempirlo di cotone, far sì che non le arrivi nulla, che nulla la tocchi, la punga, la ferisca.
Ma non posso. Posso solo mettermi di mezzo e attutire un po' quel che ancora deve venire, ma quel cuore spezzato che ho tra le mani sanguina, e io non ho lacci emostatici né cerotti.

Se non altro, come ha detto la voce, ho la certezza di amarla, per quel che le può servire in questo momento.
Non glielo dico, non ce n'è bisogno. Ha le mie braccia strette intorno che lo gridano.


Fireworks by ancestralmoon

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05 agosto 2010

I'm cold.

Da che riesco a ricordare, il freddo mi ha sempre tenuta insieme.
Quanto il caldo mi inebetisce, pur non disdegnado una vasca bollente o un idromassaggio alle terme, il freddo mi ha sempre dato sollievo alla mente come nient'altro.

Mi ricordo in Finlandia uscire sul balcone col solo pigiama per scrollarmi di dosso uno stress o un dolore, come mi ricordo qui a casa aprire in biancheria le finestre in autunno e inverno per sentire rabbrividire la pelle, e perfino ad Abbadia, uscire in veranda per trovare le vie di uscita, persino tre notti fa.

Pure oggi, a pezzi, sanguinante, piangente, e tutte quelle altre cose che non hanno nome ma solo tanti morsi allo stomaco e singulti, svegliarmi con la pioggia battente mi ha dato la forza di alzarmi e affrontare una giornata che credevo mi avrebbe trovata rotta e inutilizzabile entro due ore. Ho persino ricevuto, dopo i complimenti e ringraziamenti generali per la conclusione dell'operazione, quelli personali del capo, quando è venuto a sapere cosa sto affrontando, perché non ho fatto capire niente e lavorato ottimamente come al solito.

Ora sono in calzoncini davanti al cielo grigio più dolorosamente bello che riesca a ricordarmi, e questi 18 gradi sulla pelle nuda riescono a farmi scordare che è agosto e sono sola e ho perso tutto.

Sono sola.
E ho perso tutto.

Ma ti prego sole non tornare, lasciami il freddo ancora un po'...



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26 giugno 2010

Funambola

Sentirsi non voluta.
Sentirsi marginale.
Sentirsi opzionale.
Sentirsi "stai bene dove stai".

Aspettare invano una telefonata promessa.
Aspettare invano un gesto di accoglienza.
Aspettare invano di smettere di pensarci.
Aspettare invano di non aspettare più.

E poi,

Sentirsi dire di essere amata.
Sentrisi dire di essere importante.
Sentirsi dire di non essere rinunciabile.
Sentirsi dire però, di non doversi aspettare che qualcosa cambi.


E nonostante tutto credere a tutto, credere alla contraddizione, amare e odiare insieme, e sperare di tenere l'equilibrio il più a lungo possibile.

Philippe Petit

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26 maggio 2010

L'amore non basta. Però...

Quasi due anni fa scrivevo che l'amore non basta.
Meno di una settimana fa, qualcuno ha usato le mie stesse parole senza saperlo, e mi ha fatto chiedere cosa è cambiato per me da allora.

Più o meno nulla.

Ancora credo che l'amore sia un sentimento bellissimo che non può che essere però solo una base su cui costruire, e non le mura.
Ancora credo che i compromessi siano necessari, ma che non sia obbligatorio accettarli.
Ancora credo che l'Amore Perfetto non esista.

Però ho imparato che ascoltarsi (se stessi e reciprocamente), è il primo passo.
Ho imparato che non si tratta di venirsi incontro su strade divergenti, ma di capirsi, sentirsi, sentire come sente l'altro.
Ho imparato che non si tratta di camminare insieme, ma di camminarsi accanto, e che quando la strada è sconnessa, scambiarsi momentaneamente di posto può risolvere le cose.
Ho imparato che quelle astratte banalità romantiche del donarsi il cuore sono verissime. Perché per amarsi, per amarsi bene, bisogna innanzi tutto stare in equilibrio senza danneggiare quel pezzetto di carne viva che ti ritrovi in mano. Vicendevolmente.
Nessuno può proteggere da solo il proprio cuore se non riprendendoselo.

Ma soprattutto ho imparato che per quanto tu possa leggere, ascoltare e chiedere, non troverai niente e nessuno che possano dirti qual è il "tuo" modo.
E si torna così all'ascoltarsi.
Ascoltare quel che si vuole, anche quando si contraddice da sé.
E ascoltare quello che vuole l'altro, anche quando si contraddice.
Ma soprattutto, tralasciare del tutto ciò che ti è stato insegnato come "giusto", se non lo senti tale.

La meraviglia è quando si sentono le stesse cose.
Quando capisci quali sono gli "angoli da smussare, e altri da lasciare integri accettando che pungano".
Quando capisci quando è inevitabile farsi male, ma sai anche che è giusto così perché ci vuole anche quello.
Quando sai, quando sapete, che l'amore è una cosa così fragile, sottile, labile, che ne fate tesoro senza appoggiarvici.


Allora è come guardarci attraverso una bolla di sapone iridescente in bilico sui nostri nasi.

bubble
Courtesy of Liisu

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08 maggio 2010

Carezze

La prima cosa a colpirmi è l'odore di eucalipto che emanano le sue mani mentre me le passa sul viso leggerissime, appena sfioranti. Arrivano ai capelli, le dita vi si mischiano, me li tirano indietro. Mi copre gli occhi con una benda che ha lo stesso profumo balsamico, mi dice di non cercare di guardare, di lasciare che sia il mio corpo a sentire cosa accade. Cancello l'immagine delle pareti di legno chiaro, delle candele azzurre tutt'intorno, e ne sento invece il profumo e il calore, che si mischiano con la musica di sottofondo, in una senzazione di benessere generale.
Lentamente, curando i gesti come per farmene assaporare l'attesa, scosta il telo che mi copre, e inizia ad accarezzarmi le gambe, una per volta partendo dai piedi e risalendo piano verso l'inguine, e un profumo di lavanda si mischia a quello dell'eucalipto che ho sul viso.
Decido di non assecondare per niente i sui movimenti, di lasciare che mi muova come una bambola di pezza.
Sento che si muove, cambia posizione, ma non toglie mai le mani da me. Non vuole farmi mancare il contatto. Strascica una carezza con una mano mentre con l'altra mi ricopre col telo, le sue dita percorrono in salita la mia pelle mentre mi scopre il seno e il ventre, e ricominciano a esplorarmi un centimetro alla volta come se stessero creando una mappatura del mio corpo, come se mi stessero interrogando e allo stesso tempo imparando.
Mi fa girare, senza scoprirmi mai del tutto, senza quasi mai parlare, se non per ammirare il tatuaggio che campeggia sulla mia schiena, e ricomincia, instancabile, il suo gioco di ipnosi tattile. Credo che se mi dicesse di compiere la più piccola azione, non ne sarei in grado, sono in una specie di torpore e giaccio nella più completa fiducia.
Mi fa girare di nuovo, mi copre completamente, fino al mento, e mi percorre a lunghe carezze attraverso la stoffa. Poi mi fa alzare, mi porge una tazza tiepida che sa di zenzero e di zucchero, e mi dice "vado a lavarmi le mani, prenditi il tempo che ti serve."

Ah, non ve l'avevo detto che ho iniziato un ciclo di massaggi?

the

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06 febbraio 2010

Rivangare

Avevo una ferita sotto un'unghia. Non ricordo come me l'ero fatta, ma probabilmente da sola. Gioco sempre con le unghie, specialmente quando sono nervosa.
Era un po' sollevata, la carne si era cicatrizza subito ma era rimasta come "rientrante", la pelle parzialmente staccata.
Se solo l'avessi lasciata stare, sarebbe guarita del tutto in pochi giorni.
Invece la pelle lì in bilico appena sotto l'unghia mi dava noia, e la strappavo. Appena ricresceva, la strappavo di nuovo. Se mi sembrava che stesse crescendo più forte e salda, prendevo un ago (una spilla da balia, la punta delle forbici, qualsiasi cosa) e la stuzzicavo illudendomi che fosse per controllare se stava guarendo, in realtà per romperne un angolino sufficiente ad afferrarla e strapparla di nuovo.
Ogni volta mi rendevo conto di farlo apposta, e ogni volta che prenevo in mano l'ago mi dicevo che non mi sarei fatta niente, e che se l'avessi fatto sarebbe stata l'ultima volta.

Ora la mia unghia sta guarendo. Un giorno ho semplicemente smesso di farlo.
Come è successo in passato, come risuccederà in futuro.

Ogni tanto abbiamo bisogno di farci del male. Sapendo di farcelo, volendo farcelo.
E non importa quale sia il metodo (riguardare foto archiviate, rivangare ricordi, continuare a leggere cose che non ci fanno bene, o come in questo caso, fisicamente, usare un ago), prima o poi tutto viene a noia, finché non si cade nella patologia.

A questo pensiero mi appiglio, sia per quel che mi riguarda, sia per quel che riguarda te.


Short on time by ancestralmoon

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12 gennaio 2010

Farfalla

“...Bisogna essere ciechi o estremamente aridi se alla vista di una farfalla non si prova una gioia, un frammento di fanciullesco incanto, un brivido di stupore.La farfalla è un qualcosa di particolare, non è un animale come gli altri, in fondo non è propriamente un animale ma l’ultima, più elevata, più festosa e insieme vitalmente importante essenza di un animale… La farfalla non vive per cibarsi ed invecchiare, vive solamente per amare. Sembrano state inventate da gentili, leggiadri e arguti geni; immaginate, con delicata voluttà creatrice, espressamente come decorazioni, come ornamento, come gioielli; come piccole, scintillanti opere d’arte. È un emblema sia dell’effimero come di ciò che dura in eterno... ”

H. HESSE


farfalla

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06 gennaio 2010

Meg Ryan

"Vorrei essere come Meg Ryan.
Mettere una gonna al ginocchio coi mocassini e sembrare retro invece di vecchia zia.
Tenere il broncio e intenerire invece che irritare.
Essere intasata di raffreddore e apparire buffa invece che uno straccio.
Essere sexy col pigiama di flanella."

"Io trovo tu sia esattamente così."



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18 ottobre 2009

Warm little center

Sono felice.
Sono soddisfatta.

Il lavoro mi stressa, il cambio di turno promesso tarda ad arrivare, inizio a non andare più d'accordo proprio con tutti tutti, in studio.
Mi trovo a fare da spugna per i problemi e le tensioni delle persone che amo, a cercare per loro soluzioni che non arrivano, ad accollarmi la parte più onerosa per alleggerire loro.
Ho poco tempo per le cose che mi piacciono, devo formattare il computer da due settimane, ormai leggo solo una mezz'ora al giorno in pausa pranzo, riviste e fumetti si accumulano ancora nel cellophane senza che nemmeno li guardi.
Di tutti i vestiti che ho non metto quasi più niente. Al lavoro ci vado vestita comoda, e là ho la divisa. La sera torno tardi e non esco quasi mai. Il weekend pure mi trova così stanca da preferire il divano a molte altre alternative, così nel mio cesto della roba da lavare ci sono quasi esclusivamente camicie bianche, completi scuri e pantaloni della tuta.
Ci sto mettendo settimane a dipingere e decorare una scatola di legno, perché non ho mai sufficiente tempo consecutivo per metterci mano. Procedo a mezz'orette qui e là a centimetrini per volta.
Sono diventata una fan di ebay e dei cataloghi dei negozi, perché non ho tempo di andare in giro a fare shopping, e al massimo posso correre qui e là n pausa pranzo e dire alla commessa "mi dia questo" indicando il catalogo.
Ho problemi digestivi perché il turno che mi tocca fare al lavoro mi sballa tutti gli orari dei pasti.

Eppure.

Sono felice.
E sono soddisfatta.
Dormo profondissimamente 8 ore di fila.

Per qualche strana ragione, incomprensibile ai miei occhi, tutto questo stress, tensione, frenesia, non toccano minimamente il mio animo. Ho la gastrite, i muscoli tesi e le occhiaie, ma sto bene.
Sono felice.
Ho trovato il mio piccolo centro caldo, come direbbe Tyler Durden.




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17 settembre 2009

Rimembranze

Passeggiavano sul marciapiede opposto al mio. Lei con lunghi capelli ricci, che spiovevano sulla spalla di lui a cui teneva il capo appoggiato, e la mano nella tasca posteriore dei suoi jeans. Lui le cingeva la vita col braccio opposto, e cadenzava il passo per adeguarlo al suo. Quel passo lento e vacuo di chi non ha niente di preciso da fare, solo godere dell'essere insieme.
Sembravano grandi - di questi tempi sembrano tutti troppo più grandi - ma i tratti del loro viso erano ancora acerbi, freschi, con negli occhi quella malcelata luce di chi ha in mano il mondo e non ne è del tutto consapevole.
Mi ha fatto pensare a quei tempi, quando i nostri problemi più grandi erano come conciliare il cinema oggi con l'interrogazione domani, come convincere i genitori a permetterci di andare in motorino con lui, come spuntare una vacanza da soli, trovare un posto dove fare l'amore.
Quei tempi in cui bastava scegliersi, poi si sarebbe cresciuti insieme. Non c'era da far combaciare personalità ormai formate e definite, e soprattutto non importava. E non ci si lasciava per incompatibilità, ma per frenetico desiderio di avere di più, di più nuovo, di più bello ancora.
Ogni giorno ci sembrava inaffrontabile, e ogni sera era una conquista.

Ma i giorni passano uno dopo l'altro, e anche la percezione del tempo cambia. Cambiano i punti di vista, cambiano le priorità, cambiamo noi, soprattutto.
I problemi diventano se ci daranno le ferie contemporaneamente, dove/quando/se andare a vivere insieme, come non invadere i rispettivi spazi, come rispettare le altrui abitudini. Ci sono angoli da smussare, e altri da lasciare integri accettando che pungano. Prendere atto delle incompatibilità e decidere se e quanto peso abbiano, e che direzione prendere.

Eppure, arriva il momento. Prima o poi ti capita di essere a passeggio su un qualsiasi marciapiede di una qualsiasi città, abbracciati, con quel passo che non porta davvero in nessun luogo particolare, felici solo dell'essere insieme. E lui ha la barba lunga, e tu rimedi col trucco quella freschezza che non compare più sul tuo viso, e vi scoprite ad amare quei piccoli segni che la vita vi ha lasciato addosso. E avete più responsabilità, più anni, più pensieri, e nessuno di voi due ha più il mondo in mano, ma stringendo quella dell'altro la sensazione è la stessa.

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28 giugno 2009

Goodbye.

Non imparerò mai a dire addio.
Neanche quando me l'aspetto, neanche quando so che succederà, neanche quando lo sento.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, eppure facevo finta che non fosse così.
Non mi sono nemmeno allarmata del fatto che non rispondessi agli sms.
Cieca fino alla fine nella mia negazione.

La voce al telefono mi dice "ho una brutta notizia", e io nemmeno penso che possa essere tu, finché non lo dice.

Scrivo tra le lacrime mentre mi si accavallano ricordi che nemmeno credevo esistessero ancora, come se il passato fosse venuto a bussare alla porta con tutte le nostre foto e i nostri messaggi.
E mi sembra insopportabile essere rimasta l'unica a ricordare le cose che abbiamo vissuto io e te soltanto.


Ricordo che quando piangevo mi rifugiavo da te. Sei stato il primo a sapere che avevo rotto con Ale, quello la cui camicia ho inzuppato al funerale di Giordano.

Piangevo con te.
Ora piango per te.

Addio.
Lo scrivo, perché non lo so dire.


Jazz by bardo
Courtesy of bardo

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