16 giugno 2008

Basta poco

Oggi pioveva, pioveva leggero leggero, e l'aria era fresca ma appena. Certo non da giugno inoltrato, ma poteva essere un aprile generoso.
Dovevo prendere un libro in biblioteca, così ne ho approfittato per un po' di tempo per me, sono uscita poco dopo pranzo con il mio cappello ben calato in testa, il passo più rilassato del solito e l'i-pod.
Camminando sotto i pini della mia via, col profumo pungente dei gelsomini e Kauan sparato nelle orecchie, ho pensato che fosse davvero una giornata perfetta.

Quando arrivo al parco l'atmosfera è strana, o forse sono strana io. C'è poca gente, e per lo più è brutta gente. Faccio la strada lunga seguendo una coppia e un vecchietto, giusto per non restare sola, e spero di trovare la biblioteca presto, visto che non mi ricordo esattamente dov'è. Mi accorgo che da quel lato del parco la vegetazione è davvero fitta, e la cosa mi mette un po' a disagio, anche se mi do della cretina per essere così paranoica. La fiducia nel mio senso dell'orientamento è ben ripagata perché trovo la biblioteca al primo colpo; dentro è piena di extracomunitari ma vabbè, del resto è il parco e fuori piove. Faccio quel che devo ed esco.

Mentre scendo gli scalini sento "Hey, ciao!!"
Alzo gli occhi e sono due ragazzi, uno sono certa di non conoscerlo ma l'altro, quello che parla, per mia sfortuna ha un aspetto familiare. Mi sta sorridendo. Il mio sesto senso di prima è stato distratto dalle pratiche del prestito quindi rispondo "Ciao!" e continuo a scendere.
"Allora, come va?"
Diavolo penso, ma allora lo conosco davvero e non me lo ricordo... Scavo nella memoria e credo di ricordarmi chi è, un tizio amico di qualcun altro conosciuto ad una festa un paio d'anni fa, come si chiamava... Non lo ricordavo così sdrucito ma vabbè... Quello che mi inquieta è il suo amico, ha uno sguardo strano. Mi sento a disagio, e all'erta, anche se non capisco bene che sta succedendo.
La conversazione va avanti breve e vaga, che ci fai qui, cercavo un libro, ci vieni spesso, no è la prima volta, intanto ho ripreso a camminare, con loro che mi seguono, ho sceso anche la seconda rampa di scale e imbocco il sentiero che porta verso la metro.

"Beh allora, come ti chiami?"

Il sangue mi si gela e il mio campanello d'allarme, che già suonava, mi guarda e mi dice "te l'avevo detto".
E' la base del social engineering, fingere di conoscere qualcuno per avvicinarlo. E io ci sono cascata come un'idiota. Certo a mia difesa posso dire che lui ha avuto la fortuna di somigliare a un mio conoscente. Mi do della cretina un paio di volte, mentre calcolo rapidissimamente il da farsi. Non ho le scarpe adatte per correre, l'unica speranza è tenere la conversazione in piedi abbastanza da raggiungere un posto un poco più affollato, quindi rispondo "indovina". Almeno per un po' sparerà nomi a caso, e il sentiero non è lungo.

Non capisco cosa stanno facendo, mi stanno ai lati, leggermente dietro, come per impedirmi la fuga all'indietro, ma mi lasciano camminare spedita, e se corressi in avanti? Poi lo vedo: il terzo. Stava dietro un albero allo sbocco del sentiero, quando sono abbastanza vicina spunta fuori e si para proprio al centro.
Ringrazio di non essermi fatta prendere dal panico, di aver reagito più in fretta di loro: apro la borsa, mi concedo un secondo e mezzo di frughìo e un "ma dove cazz..?", poi sfoggio un sorriso fantastico ed esclamo "Cazzo, ho scordato gli occhiali, mi aspettate?" e nel mentre inchiodo, cosicché loro non facciano in tempo a fermarsi e mi superino. Mi giro di scatto e corro più forte che posso indietro fino alla biblioteca, dove avviso la receptionist e resto una decina di minuti prima di uscire dall'altro lato seguendo i giardinieri fino all'uscita.

Morale: basta poco, pochissimo, perché ti freghino, tu nel dubbio corri.

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