21 ottobre 2010

Il cobra non è un serpente

Ho capito che tipo di persona sono quando non avevo neanche 22 anni.

Ero in campeggio in Croazia, nei bagni, mi stavo lavando la faccia. Apro gli occhi e mi guardo nello specchio per controllare di essermi insaponata bene, e con la coda dell'occhio noto un movimento alla mia destra. Sulla soglia, unica via di entrata o uscita, a meno di dieci metri da me, c'era un grosso serpente, per metà acciambellato ma con la testa alta puntata in fase di attacco, ondeggiando la testa.
Mi sono gelata. In un lampo ho vagliato tutte le opzioni: non c'era nessun altro in bagno con me, le finestre erano lunghe e strette e non ci si poteva passare, chiudermi in uno dei bagni non era utile perché la porta aveva un grosso spazio aperto alla base, e comunque il serpente bloccava l'uscita, e mi stava puntando, e muovermi poteva essere fatale.
E qual è stato il mio primo pensiero? "Sciacquati la faccia." Perché se mi fosse entrato il sapone negli occhi sarei stata cieca e non avrei potuto difendermi. E così ho fatto. Con l'adrenalina pompata a mille nelle vene, la consapevolezza di un serpente che mi puntava, senza fare movimenti bruschi mi sono lentamente sciacquata e asciugata la faccia. Il secondo pensiero è stato "Pensa". E così ho fatto, di nuovo. "Blocca la porta, non puoi uscire. Potresti aspettare qui ferma che arrivi qualcuno, ma potrebbe muoversi lui per primo. E poi che ne sai che qualcuno arriverà in tempo? Non puoi gridare o si innervosisce. Che serpente è? E' grosso, sarà velenoso? Aspetta, col collo così piatto ci sono solo i cobra. Che cazzo ci fa un cobra in Croazia? Ma che cazzo ondeggia la testa come un autistico? Ehi, ma quel riflesso cos'è?" E così l'ho visto. In un raggio di sole, ho intravisto il sottile filo di nylon che 9 su 10 era maneggiato da qualcuno fuori, per dare movimento al serpente che ormai ero quasi certa fosse di gomma per farlo sembrare vero.
A questo punto, o la va o la spacca. Con passo fintamente sicuro attraverso il bagno, scavalco il serpente, sorrido ai tre attoniti bambini tedeschi che mi fissano con delusione, e torno alla roulotte. Solo allora, una volta chiusa la porta, buttata sul letto, mi lascio andare e sfogo la tensione di quei due minuti e mezzo in una specie di crisi di nervi.

In quei due minuti e mezzo ho capito che io sono quella del sangue freddo. Che posso essere terrorizzata, ma il mio cervello non si blocca. Che se c'è un serpente che vuole attaccarmi ma io ho il sapone che mi cola negli occhi, mi sciacquo la faccia.
Questo non significa che io sia fredda, insensibile, o che.
E' che prima penso, analizzo, risolvo.
Piangerò più tardi.

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