29 luglio 2008

Considerazioni...

... senza un preciso ordine né un preciso perché. In pratica un po' di pensieri ammucchiati qui e là da tempo a cui fingo di dare una certa coerenza.
Tema comune: diciamo, con una parola convenzionale, amore.

ATTENZIONE: non adatto a romantici cronici e a chi ha fede certa e assoluta nel Vero Amore. A meno che vogliate guarire, nel qual caso leggete pure.

Prima di tutto, l'uomo giusto non ha mai il contorno giusto. Che è una specie di corollario di l'uomo perfetto non esiste. In poche parole, è pressoché matematico che se trovi un uomo che ami, che ti tratta bene, con cui stai bene a letto, che solo a guardarlo ti sciogli di felicità, molto probabilmente avete idee molto diverse sul futuro e su quello che volete. Qui le scelte sono due: far finta di nulla e divorziare in tempi più o meno lunghi a seconda del reciproco livello di sopportazione, o guardare altrove e accontentarsi di qualcosa di "meno" che però vi da quello che volete. In entrambi i casi, non saprei davvero cosa scegliere.

Avete mai notato che tutte le fiabe finiscono col matrimonio? Poi ti buttano lì "e vissero per sempre felici e contenti" e tu te la bevi. Non ti fanno mai vedere che succede dopo. Perché dopo, la fiaba non è più fiaba. Non ci sono mai coppie felicemente sposate da anni nelle favole. Ci sono solo vedovi, vedove, patrigni e matrigne. L'unica eccezione conferma la regola, ovvero Barbablù, dove la novella sposina trova i cadaveri delle mogli precedenti in cantina. E vissero per sempre felici e contenti.

Ma sto divagando. Dicevo. L'uomo giusto non ha mai il contorno giusto. Il che porta dritti dritti a l'amore non basta. Siamo pragmatici un attimo, a che serve l'amore? A essere felici? Non esattamente. Serve ad andare, perdonatemi il gioco di parole, d'amore e d'accordo con l'altra persona. A essere felici con lei. Ma ahimè, non paga le bollette, non compra da mangiare, e quel che è peggio, non fa avere gli stessi sogni. I soldi non faranno la felicità (anche se secondo me aiutano eccome), ma i sogni sì, e ogni rottura/separazione/divorzio ha origine senza eccezione dalla mancata coincidenza dell'altra persona o del suo contorno con l'idea che abbiamo in testa.
Disillusione, insoddisfazione, divergenza.

In realtà tutto ciò non va preso alla lettera. I fortunati ci sono sempre. Ci sono quelli che vincono alla lotteria, quelli che trovano l'ultimo posto libero a prezzo stracciato per il loro concerto preferito, e quelli che trovano l'Amore Perfetto. Io diffido, ma in fondo ci voglio credere quindi ci credo e li invidio.
Non posseggo verità assolute, e in fondo spero solo di sbagliarmi di grosso, e che l'Amore Perfetto mi stia aspettando sotto il portone per dirmi che non ho capito nulla.
Quel che è successo finora è che ogni volta ho finito per dire a me stessa "te l'avevo detto".

Non si coglie mai il momento esatto in cui una storia finisce. C'è il momento esatto in cui si capisce, e anche quello è difficile da cogliere. Il punto è che il seme della fine non esplode, cresce piano. E ognuno di noi ha la facoltà di decidere, una volta che si capisce che finirà, se chiudere e basta o se vale la pena di prenderne semplicemente atto e ignorare finché si può. Ua storia potenzialmente finita può dare ancora molte gioie e soddisfazioni.


Ma oltre a non avere verità assolute, io non ho neanche risposte né soluzioni. Le mie considerazioni finiscono qui, a mezz'aria.
Tutto quello che posso fare per me stessa è essere sempre almeno in parte lucida e consapevole, e di non aver paura di guardare avanti ben sapendo che posso decidere di non considerare ancora quello che ho visto.

Fa male? Eh certo che fa male. La conoscenza fa sempre male. Ma io ho sete di sapere, e amo le mie cicatrici.


statuine sposi

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15 luglio 2008

Follow the White Rabbit

Nella tana del Bianconiglio a volte invece di caderci ci si va a piedi. O in macchina, o in motoscooter. Ma in ogni caso non è che lo sai prima, anche se lo puoi intuire appena sotto il livello di coscienza, se ti ci alleni. Può essere un bar, un palazzo antico in centro o il vialetto di casa della tua migliore amica. D'improvviso senti il pizzicorino, senti che sta per succedere qualcosa. E poi arriva. E quanto arriva tramortisce come un orgasmo violento.

Il bello dei Bianconigli è che ti dicono cose di te che tu già sai, ma che tieni chiuse da qualche parte e per qualche inspiegabile motivo ignori anche quando ti servono. E il senso di istupidimento che ti pervade davanti all'ovvietà di aver guardato cinque centimetri più in là del solito ha quel sapore misto di rivelazione e conquista che solo l'amaro di sapere che è sempre stato lì rende unico.

Il Bianconiglio rarmente parla direttamente di te. Il Bianconiglio parla, e accatasta piccoli cocci di specchio in cui non puoi evitare di guardare. Il Bianconiglio è maieutico, e spesso e volentieri neanche sa cosa ti sta facendo trovare, né che te lo sta facendo trovare del resto. Può non essere nemmeno consapevole di essere un Bianconiglio, anche se i migliori sono quelli che non solo sanno, ma ci provano tanto di quel gusto da guardare quello che fanno e le reazioni che scatenano.

Io amo i Bianconigli. Amo circondarmene. Le tane dei Bianconigli per me non sono più buche in cui cadere, sono posti in cui mi reco spesso, come a trovare degli amici - cosa che, in effetti, i miei Bianconigli sono.
Le tane dei Bianconigli sono telefonate alle due di notte, chat di ore e birre al bancone.

Forse è per questo che ho sempre odiato Alice, ero gelosa. Era sciocca e insulsa e lagnosa, ma aveva il Bianconiglio.
Beh cara mia, li ho anch'io, adesso, i miei Bianconigli. E sai cosa? Sono pure migliori del tuo.

Ali | Ce'


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03 luglio 2008

Nuvole Rapide

Questo post mi sta tra il cervello, le dita e le labbra da non so più quanto tempo.
Perché abbia deciso di venir fuori proprio ora, potrei fingere di non saperlo, ma non è così. Suonerà come una risposta, una risposta probabilmente stonata, e soprattutto non richiesta, ma tant'è, non mi importa più.
Sono stufa dei giochi di ruolo, dei "se faccio questo penserà questo" e "se non dico questo si aspetterà questo".

Il weekend è andato, troppo in fretta anche. Grazie a chi lo ha resto possibile, sia gli sposi che i miei compagni di viaggio, grazie perché è stata una bella vacanza dal mio cuore.
(Solo disconnetterti un istante, quasi fosse tregua, come fosse prima)
Ma ora che ho chiuso la parentesi, ci risono appozzata.

Partecipare alle occasioni sociali ostentando normalità mi ha fatto più male che bene. Tirare pacco, d'altro canto, non è servito a nulla. Se non altro il non presenziare mi impedisce di bere quel tanto di troppo dal dire quel che non dovrei, e di metteremi in imbarazzo da sola. Il tempo guarirà anche le ferite, ma io ancora non l'ho notato. Nel frattempo, vago nell'indecisione.

Ho la testa piena di domande senza risposta, e di risposte a cui non sono state ancora formulate le domande. Aspetto una telefonata che so già che non arriverà. Evito accuratamente tutto ciò che vi può far riferimento. E il fatto stesso di farlo, implica che stia tutto lì, appena sotto il livello di coscienza, quando non lo sto rievocando di proposito giusto per autolesionismo.
Vado avanti con la mia vita, che ho riempito di tante cose per illudermi di colmare quel piccolo devastante vuoto che io stessa ho lentamente, inesorabilmente creato. Intanto aspetto, perché non ho ancora imparato a farlo, ma posso sempre impormelo.

La verità? E' che ho il terrore che tutto ciò si sblocchi, perché in qualsiasi direzione sia, non sarà affrontabile.
Perché un po' sono cresciuta anch'io, e sto imparando a mantenere le promesse.
E non sono neanche tanto più sicura del mio "il dolore lo posso curare, il dubbio no".

Ho spesso l'impulso di prendere in mano tutto e buttarmi. Forse troverei il modo di farlo. Alzare il telefono. Prendere la macchina, o anche solo l'autobus.
Basterebbe gridare tutto quello che non ho mai detto.
E pretendere lo stesso.
Poi non starei meglio, ma almeno sarebbe un dolore diverso da questo.

Quel che mi blocca è pensare "E poi?"

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