16 marzo 2009

Rome, sweet Rome

Mi sveglio con già addosso lo scazzo di chi ha finito tutto quello che poteva finire.
Il tepore del piumino ha il sapore amaro del doverlo lasciare, così come i gatti acciambellati sui piedi, i rumori della casa che si risveglia, gli odori diventati così familiari in soli tre giorni.

Comincio già a sentire la nostalgia dell'aria frizzante che s'infila sotto la gonna a pizzicare i pochi centimetri di pelle sopra l'elastico delle calze, dei sampietrini di Trastevere in cui si incastrano i miei tacchi, di quella luce rosa che si spande appena il sole scende dietro le colline.
Roma per me è qualcosa di diverso dal Pantheon, i Fori, il Colosseo. E' la tazza muccata, è il clac che fa il mio ginocchio scendendo dal motorino, è il mettere il timer alla tv sapendo che ci si addormenterà durante il film.

Ma sono già a Termini, e sto lasciando tutto questo. Contemplo per un attimo l'idea di far colazione in quel bar, ma da sola non avrebbe senso quindi tiro dritta verso il pullman.
Il traffico sull'Appia Nuova sembra volermi ricordare quanto sarebbe facile perdere l'aereo e restare un altro pochino, ma so che tutto perderebbe il suo sapore, e così saluto ogni centimentro di asfalto man mano che lo percorro, mando un bacio all'acquedotto mentre ci passo accanto, e dico addio al pezzetto di cuore che come al solito si è nascosto da qualche parte tra gli scaffali che si reggono a incastro sui libri che contengono, per non essere rimesso in valigia col resto.

Ciampino mi offre un'ottima colazione, quasi un invito a tornare presto, e i Metric - rigorosamente in ordine errato - mi tengono compagnia mentre aspetto che apra il gate, assaporando la malinconia con me.
Il ragazzo in fila davanti a me mi chiede alcune informazioni, scambiamo due chiacchiere di routine sul viaggio, il suo accento è imbastardito e non riesco a capire di dove sia di preciso. Non chiede il mio nome né io chiedo il suo. Mi chiedo se sedermi accanto a lui per avere un poco di compagnia durante il viaggio, per rendermi immediatamente conto di non volerla. Ho carta e inchiostro, ed è tutto ciò di cui ho bisogno, perciò quando lui si siede, gli faccio un cenno di saluto e passo oltre, scegliendo un posto finestrino sulla destra, come sempre.

Mi vengono in mente un quaderno rosa ed un'elegante donna anglosassone, che non ci sono, ma non importa perché a breve si decolla e Roma mi toglie l'ultimo poco di fiato che mi restava spiegandosi sotto di me maestosa e un po' opaca, finché nuvole di cotone invadono la visuale e la mia mente, e riesco solo a pensare che è veramente tutto perfetto.


nuvole

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