22 ottobre 2008

Nostalgie

Scendendo dall'autobus fai un cenno al conducente, che risponde. L'aria gelida ti investe le gambe, perché la gonna la metti quasi più qui che a casa, nonostante la temperatura. Il viso si arrossa leggermente mentre percorri la via un po' in salita, il passo è sicuro nonostante i tacchi e il ghiaccio, e ancora ti sorprendi a essere orgogliosa di te per questo. L'insegna recita Katse, e come spesso accade non fai in tempo a salire il gradino che da dentro ti aprono la porta. Il documento ormai non lo controllano neanche più, ti riconoscono. Via la giacca di goretex, via il cappello che finisce in una tasca, via i guanti che vanno nell'altra, via la sciarpa che si incastra in una manica. Porgi il tutto con un sorriso, in pochi secondi ottieni un cartellino con il numero. E pensare che questo è uno dei pub più alla mano. Attraversi l'atrio, sali la scala, controllando furtivamente trucco e capelli negli specchi che rivestono le pareti, mentre vieni investita dalla musica rock e dal vociare in una lingua che anche se non capisci ti è ormai familiare come la tua. Diretta al banco, porgi una banconota da pochi euro al barista e pronunci, ormai con un accento semiperfetto per tutte le volte che lo hai detto,
- Kaks omenasiideria.
- Jäitä?
- Joo, kiitos.¹

Ho provato a prenderlo anche qui in Italia, il sidro. Non ha lo stesso sapore, e non è solo un fatto di marca. Il sapore del sidro in Finlandia è fatto del vichingo alto due metri coi capelli più biondi e più lunghi dei tuoi che te lo serve con un grugno. Del fatto che non ti porti dietro la giacca perché come in tutti i posti la lasci all'entrata. Della neve che è fuori e sai che dovrai affrontarla di nuovo per tornare a casa. Della voglia di pizza che soddisferai dall'altro lato della strada, fregandotene altamente della carne trita e peperoni verdi che c'è sopra.

La Finalndia ha un sapore che non si spiega, se non ci respiri dentro. Il modo in cui la neve resta bianca anche in città, perché non c'è inquinamento. Le ragazze in strada che portano i jeans strappati a gennaio e le collant 70 denari a maggio, e qualsiasi cosa si mettano addosso, anche la più assurda (e ne ho viste di impensabili) sono bellissime. Le rastrelliere per i cappotti quando entri in università, dove li lasci al mattino e li ritrovi la sera con tutto quanto ci hai lasciato dentro. Le passeggiate sul lago ghiacciato, ché tanto lo spessore è tale che ci aprono la pista di pattinaggio, e il brivido che provi a piantarti nel mezzo e girare a 360° e vedere il nulla intorno per centinaia di metri. Il design dovunque ti giri, nei palazzi, nei negozi, sulla gente. L'essere schernita perché pur abitando in una capitale della moda, vai su con le valigie vuote e torni avendole riempite di abiti e scarpe.

E ad acuire la mia nostalgia, la mia casetta che era un po' malandata e isolata ma era mia, con le mie cose dentro, gli scoiattoli sul balcone e l'allarme antincendio che suonava quando scongelavi il cibo in forno.
E soprattutto, Francesca nella stanza accanto, soprattutto lei. Lei che si alzava prima di me, veniva in camera mia, si sdraiava accanto a me e chiedeva "posso morire?" mentre le accarezzavo i capelli. Lei che si indispettiva se iniziavo a rassettare la tavola prima che avesse finito di mangiare. Lei che mi portava a casa i dolcetti quando avevo una giornata difficile. Lei che non mi ha mai fatto pesare quando tornavo a casa la mattina presto col trucco della sera prima. Lei che si emozionava quando scoprivamo un gusto nuovo dei Jaffa sui banconi del supermercato. Lei che anche quando entrambe mestruate e acide e irritabili, è stata la compagna migliore che potessi avere.


io e fra


¹Trad:
- Due sidri di mela.
- Ghiaccio?
- Sì grazie.

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07 ottobre 2008

(I Can't Get No) Satisfaction

Il prossimo che mi dice "Tanto ti manca poco" lo cavo dalla finestra, non scherzo.
Sarà l'ennesimo appello perso - di mia spontanea volontà, tra l'altro - a parlare ma io la laurea la vedo sempre lontanissima. Gli esami saranno anche numericamente pochi, ma i crediti sono 45. Un'infinità. Non prendiamoci in giro, non mi laureerò in primavera. Sarà già tanto se ci riuscirò in estate.

Sono stufa di chi mi dice di stringere i denti e fare l'ultimo sforzo. Non funziona così, non per me almeno. Io per studiare ho bisogno di stare bene, con me stessa e col mio contorno, per essere tranquilla e concentrarmi. Basta vedere che è successo in Finlandia: avevo una casa mia, degli amici, una relazione. Ero indipendente e felice. 18 crediti in 3 mesi. Oltre a tenere la casa (spesa/bucato/pulizie/ecc.), uscire più o meno tutte le sere, avere una ricchissima vita sociale.

E ora? Ora va tutto piuttosto storto.
Sono di nuovo in una casa dove per quanto ami le perone che ci vivono non mi trovo più bene, mi vengono imposti orari e mi si sta col fiato sul collo, in poche parole mi sento letteralmente in cattività - e dopo aver visto com'è la vita da sola è anche peggio.
Ho una relazione che da un certo lato mi toglie più di quanto mi dia, ma non averla sarebbe lo stesso dall'altro lato, quindi tutto sta a scegliere il male minore, e comunque in nessuno dei due casi le cose andrebbero bene.
Non ho un lavoro e le poche possibilità che c'erano sono ogni giorno più remote e indistinte. Il mio debito familiare ammonta ormai a molte centinaia di euro, e visto che la prostituzione e il furto non sono contemplati, soluzioni davvero non ne trovo.

Ora non so come funzioni per gli altri, ma tra appuntamenti virtuali, orari di cena e soldi contati il livello di frustrazione è tale da non concedermi la concentrazione necessaria per riuscire a studiare con profitto.
Che il tempo io ce l'ho. Mi siedo davanti al libro e lo fisso. A volte riesco a leggere qualche pagina, poi mi accorgo che non ho recepito nulla e non hoi nemmeno una vaga idea di cosa stia parlando e devo ricominciare.

I motivi per cui non lascio sono essenzialmente due: troppo tempo/fatica/denaro per mollare ora, e i miei diventerebero ancora più petulanti e frustranti di così. Sono stufa di sentirmi una fallita, e lasciare peggiorerebbe solo le cose.
Un po' mi spiace di non essere il tipo da esaurimento nervoso. Forse se cadessi in depressione, smettessi di mangiare e non mi alzassi più dal letto o cose del genere la gente si accorgerebbe che non sono pigra o altro, ma che c'è davvero qualcosa che non va.
E' che ho passato così tanto tempo a nascondere i miei malumori per non doverli spiegare, che ora quando provo a mostrarli sembrano esagerazioni o scuse. Come il pastore che gridava "al lupo!", ma al contrario.

Vorrei solo riuscire a essere soddisfatta di me e della mia vita, almeno un po'. Non dovermi preoccupare di quante birre mi posso permettere questa settimana, di quando prenotare i voli e di avere o meno fatto tutte le commissioni per mamma.
Avrò un processore vecchio nel cervello, ma con tutti questi pensieri lo studio proprio non ci sta, per forza salto gli appelli.

Obiettivi urgenti anti-esaurimento:
  1. lavoro
  2. casa
  3. laurea
Presto.

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04 ottobre 2008

Noncompleanno

Sono ancora viva. Un po' stanca e un po' acciaccata, oberata di lavoro, con un esame che non passerò mai tra pochi giorni, e una malinconia un po' diffusa per cose ovvie e altre un po' meno scontate.
Però sono viva.

E ho tanti nuovi biglietti d'ingresso e scontrini (v. post precedente).
E ho un asciugamano nuovo nuovo (tra l'altro quello perfetto per difendermi dalla Vorace Bestia Bugblatta di Traal).
E ho una cornice che mi ha fatto prima piangere e poi, come capirete dal video, ridere.



E di cose nuove ne ho diverse, in effetti, complice il compleanno che quest'anno mi ha preso davvero alla sprovvista. Di solito lo aspetto impaziente, questa volta è capitato.

Per il resto ho persone che si sono rifatte vive (ma mai quelle che vorrei ovviamente) e persone ritrovate dopo quasi 15 anni. Persone a cui mi sono attaccata più forte che potevo per non perderci di nuovo e persone con cui ho un treno in sospeso. Persone che aspetto accanto al telefono e persone per cui non mi va di alzare la cornetta. Persone da andare a cercare e con cui passare dal lei al tu, non senza un certo imbarazzo.
Cene, uscite e una festa da organizzare. E la consapevolezza che per invitare tutti ci vorrebbe San Siro.

Io, nel dubbio, ci bevo su.

drunk

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